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Coldelce, la Pieve di S. Eracliano
Autore: ekos - Caricamento fatto il: 2021-03-20 23:49:14
di Pier Roberto Renzi
Domenica mattina ho fatto un viaggio, uno di quelli brevi che quando parti non ti aspetteresti nulla di più che farti un bel giro a piedi per andare a scoprire qualche cosa di nuovo e per godere della vista panoramica.
Prima di partire mi sono fissato sin da subito un obiettivo e ho seguito uno dei miei soliti percorsi, partendo da Sant'Angelo in Lizzola sono arrivato a Montegaudio e da lì ho preso sulla destra la strada Via Farneto, che parte poco prima di arrivare all'autofficina De Marchi.
Questa strada un tempo veniva chiamata la Sulfanara, proprio perché su questa strada in tempi remoti, esisteva una miniera per l'estrazione dello zolfo che veniva utilizzato nell'agricoltura come fungicida, insetticida e concime.
Della miniera di zolfo non è rimasta ormai più nessuna traccia, a parte la vecchia casa abbandonata dove risiedevano alcuni operai che lavoravano nella stessa miniera.
Questa strada da un primo tratto asfaltato si trasforma rapidamente in un sentiero con dei corti tratti di carattere paludoso.
Ormai non la conosce più nessuno, ma un tempo questa strada veniva utilizzata assiduamente dalla popolazione locale sia di Montegaudio che di Monteciccardo, ma anche di Sant'Angelo in Lizzola e di Ginestreto proprio per raggiungere più velocemente e comodamente a piedi il castello di Farneto.
Ora non la conosce e non la frequenta più nessuno perché è quasi impossibile percorrerla in automobile, se non si ha a disposizione un buon fuoristrada 4x4 con le marce ridotte.
Raggiunta la strada principale via Montalbullo, ho preso a destra con direzione Farneto e mi sono immesso dopo poche decine di metri alla biforcazione di via del Confine.
Una strada bianca che anche in questo caso, non frequenta più nessuno.
La strada prima lambisce dei campi poi dopo solo il bosco.
Man mano che avanzo il fondo stradale peggiora e cambia drasticamente la pendenza andando fortemente in discesa.
Ad un bivio, prendo la strada sulla destra e proseguo su questo sentiero che attraversa sempre il bosco.
Se avete tempo e voglia vi consiglio comunque di esplorare la stessa strada fino in fondo e poi di ritornare indietro e di prendere il bivio sulla destra che conduce a Coldelce.
Un chilometro e mezzo si percorre mediamente a piedi in un quarto d’ora, ed è il pensiero che mi spinge ad imboccare, dopo altri 15 minuti di cammino, una stradina inerbita, quasi chiusa dai rami con solchi profondi nel terreno come voragini creati dalle acque piovane.
Poche centinaia di metri e il bosco si apre e vedo spuntare un campanile in rovina con profonde crepe.
Del campanile rimane solo una parte della cupola, ancora più ridotta rispetto all'ultima volta che ero stato qui e l'avevo vista, poi appare l’intera pieve, con la parete esterna dell’abside semicircolare.
La chiesa è ridotta ad un rudere ma è ancora oggi impressionante per la sua imponenza; mi è sempre sembrato inspiegabile la presenza di un edificio religioso di tali dimensioni in mezzo ad un bosco dove ho camminato per chilometri senza incontrare abitazioni, a parte le tante case coloniche abbandonate in mezzo ai fossi e al nulla.
Ma questa è la "madre", la più antica, la matrice di tutte le chiese della zona e la più importante di tutte.
Se qualcun altro vorrà provare a raggiungere Coldelce passando per Monteguadio, ne rimarrà estasiato come il sottoscritto.
Buona passeggiata!