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Visioni della Vecchia Pieve di Ginestreto
Autore: ekos - Caricamento fatto il: 2024-10-18 07:43:49
Da quando ho saputo che è una delle più vecchie chiese della diocesi, risalente al X secolo, la mia attenzione si posa spesso sulla vecchia Pieve di Ginestreto.
Da quel momento infatti, le sensazioni che provo ogni volta che vedo in lontananza il suo contorno sono molteplici. Ma mi accorgo che questi pensieri non sono sempre gli stessi. Come ci sono strade diverse che percorro durante la mia giornata e che portano sempre allo stesso posto, allo stesso modo ci sono pensieri differentei che arrivano allo stesso punto, ma da direzioni diverse. Come i ricordi, riaffiorano in modo del tutto inaspettato dalle nostre immagini del passato, la Piave appare spesso lungo la mia strada durante la giornata, senza mai lasciarmi indifferente.
La sua posizione, magari può sembrare apparentemente isolata e in disparte ma a guardar bene, nel vero e proprio senso del termine, è presente in molti panorami di questa zona. Ad esempio da Monteciccardo è visibile guardando in basso, verso il mare di Pesaro. Scendendo da Sant'angelo la sua figura si avvicina dopo la curva, sopra il paese di Ginestreto. Oppure all'opposto, venendo dall'Arzilla e salendo Villa Betti, dopo poche curve, la cima del campanile e del tetto si alza nel cielo sugli alberi in cima alla salita che porta fino al paese. Seguendo la strada che passa di fronte la Pieve e proseguendo, si attravera il fosso del carnocchio che conduce fino Ca Mainardi, attuale Villa ugolini, per raggiungere Mombaroccio. Come qualcosa di familiare, la scopro stesa sul crinale della piccola collina appena di fronte Ginestreto, che si illumina in un assolato pomeriggio primaverile o avvolta nell'ombra della sera con sullo sfondo la valle e le colline.
Mi affascina che la scelta di costruire questi centri in certi punti piuttosto che altri, non sia casuale ma figlia di quei tempi. C'è infatti una specie di allineamento di tipo visivo fra questi lughi di culto, una visione alla lunga distanza, che era sicuramente necessario in quei tempi, per tutta una serie di motivi che possiamo ben immaginare. Penso anche a come queste percezioni e stimoli al giorno d'oggi si siano persi, abituati come siamo a farci aiutare dai nostri dispositivo o impegnati a scrollare il cellulare durante i nostri viaggi in macchina
Dunque mi capita di cercarla, come se ci stessi giocando a nascondino, sentire la sua presenza come se inconsapevolmente volessi scoprire o intuire le vite che sono passate al suo interno. Penso come la scelta di quella posizioine sia diventata nei secoli una crocevia di destini che inaspettatamente ha fatto incontrare persino me nel 2024 e tanti altri che hanno attraversato questi territori in tempi e spazi diversi. Nonostante questo effetto magnetico, non credo di esserne ossessionato, ma a volte mi viene in mente che non me la ricordo internamente e sarebbe bello visitarla
Poi cerco di capire, come la presenza o meno di luoghi del genere, abbia influito sulla vita e sulle giornate molto più lunghe, a quel tempo, di chi ha abitato qui. Noi siamo abituati a spostarci continuamente, cercando percorsi alternativi per evitare ingorghi di persone e automobili. Cambiano i centri abitati, i centri commerciali, sorgono quartieri, aglomerati spesso inconpleti, cambiano anche le campagne, siamo circondati da luoghi pieni di persone. Mentre io mi immagino i pellegrini che si recavano alle feste religiose, penso ai contadini, ai viaggiatori che attraversavano le nostre campagne, soli, alla ricerca di una luce in mezzo tanta oscurità. Per questo, ma anche un po a occhio e croce, credo che la Piave debba aver rappresentato qualcosa di buono per la gente del posto. Poi spesso capita di fermarmi al Barile di Ginestreto, vedo la genete andare o tornare da lavorare e i pensionati che parlano dell'orto e della caccia, la gente di passaggio, chi fa colazione, un aperitivo o i ragazzi africani che in monopattino o bicicletta vanno a lavorare nelle campagne. L'ultimo luogo rimasto per chi si sente solo. Dopo secoli, è sempre raro trovare uomini che si ascoltino. Invece è proprio grazie a questi centri che nascono movimenti e momenti necessari per la vita della comunità.
Dovrei anche raccontare della sua importanza storica o del potere che ha esercitato nei socoli o degli affreschi al suo interno, ristrutturati negli anni 90 dalla fondazione Scavolini o di come sia tranquillo, fare un giro al cimitero a fianco. Ma in rete ho trovato diversi articoli che trattano della storia e delle opere pittoriche presenti al suo interno, informazioni di tipo artistico e architettonico che vi invito a controllare
Un luogo certamente da volorizzare, che un paio di anni fa fu anche sede di una giornata FAI di Primavera.
Più affascinante e per certi versi provocatoria, appariva fino a poco tempo fa, quando aveva ancora la sua corona, una croce sulla punta del campanile. Da poco non c'è più e ricordo, la prima volta me ne accorsi, subito non capii. Come se non ci fosse più l'orologio appeso alla parete quando entri a casa dei tuoi genitori. Poi ho pensato che i muri sono ancora li e che basta questo, di questi tempi in cui tutto deve essere nuovo, lucente e con il denaro si spostano le montagne. La gran parte delle persone si muove compatta e serena verso tutt'altri interessi, verso altri templi, più concreti e dai risultati immediati che si vedono allo specchio. Ma l'antica Piave può diventare un ricordo diverso. Non devi pagare nessun biglietto. E' simile a un appuntamento, senza un orario. Per certi versi si può dire che sia sempre aperta. Basta cercare per trovarla. Può essere un luogo, una chiesa, ma anche un pensiero o una storia. Ora che non ha più la croce si è svuotata, di un simbolo. Ma la sua presenza è ancora forte per chi sa apprezzarla e riconoscerla. Mi chiedo fino a quando riuscirà a conservare la sua attrazione, chiusa, senza più centralità, senza simbolo che la distingue, anche per le generazioni future?